a cura di Laura Ricci & Mirko Galuppi
Il genere Malpolon
Allo stato attuale questo genus consta di due specie: M. monspessulanus e M. insignitus (75). In passato, le due specie venivano considerate sottospecie di M. monspessulanus, prima che la situazione filogenetica venisse chiarificata da analisi del DNA mitocondriale (75). Per quanto concerne M. monspessulanus, la sottospecie nominale popola Francia sudorientale, Spagna, Portogallo. Liguria occidentale e Marocco mentre M. monspessulanus saharatlanticus si rinviene, in Nordafrica, in un’area compresa fra Marocco ed Algeria, delimitata dalla costa atlantica e dalla tratta meridionale della Catena dell’Atlante, nella parte settentrionale, e dal deserto del Sahara nella porzione meridionale (76).
Malpolon insignitus annovera due sottospecie: M insignitus insignitus e M. insignitus fuscus, rispettivamente diffuse nella porzione occidentale (Europa orientale) ed occidentale (Europa orientale, Medio Oriente, Nord Africa) dell’areale della specie (1)(13).
La morfologia è quella tipica degli Psamophiinae: corpo slanciato e coda lunga, testa ben distinta dal corpo, ma proporzionalmente più grande rispetto ad altri rappresentanti della subfamiglia. Il dimorfismo sessuale, in particolare negli esemplari adulti, è marcato: il maschio raggiunge dimensioni maggiori rispetto alla femmina; i due sessi hanno colorazioni diverse e marcature diverse, in particolare sulle squame labiali. Alcuni maschi adulti di M. monspessulanus presentano una “sella nera”, una porzione del corpo, che generalmente occupa il primo terzo della lunghezza totale, pigmentata appunto di nero, in contrasto con la colorazione predominante del resto del corpo. Tale colorazione di base può variare dal marrone all’olivastro, al bruno, al giallastro, al grigio (64)(65)(66). Gli esemplari della sspp fuscus presentano spesso una colorazione tendente all’azzurrino e una gola dal giallo più intenso.

Habitat (60)(61)(62)(63)(64)(65)(66)(67)(68)(69)(70)(71)(72(73)(74)
La subfamiglia degli Psammophiinae, nel suo areale, occupa praticamente tutti gli habitat disponibili, partendo dalla coste fino ai pendii montani. Parlando in particolare del genere Psammophis, esso occupa prevalentemente le aree subdesertiche con presenza di essenze arbustive (utilizzate come luoghi di caccia e riposo) e costruzioni umane anche abbandonate, preferite spesso per la termoregolazione grazie alla presenza di aree ombreggiate. Si rinviene anche in ambienti xerici erbosi e habitat ripariali composti da sponde alberate e oasi, habitat prediletto per esempio da Psammophis sibilans oltre che da numerose specie dello stesso genere, che in questo habitat trovano notevoli risorse trofiche stagionali, come fluttuazioni della popolazione di anfibi e uccelli, debilitati dallo sforzo migratorio.
Parlando più approfonditamente del genere Malpolon, esso è distribuito in Nord Africa ed Europa occidentale, rappresentato dalla specie Malpolon monspessulanus e nei Balcani, medio Oriente e Lampedusa, dalla specie Malpolon insignitus.
Malpolon monspessulanus, in Nord Africa, occupa l’habitat Mediterraneo costiero, spingendosi fino alle aree predesertiche del Sahara, dove si rinviene nella aree rurali e nelle zone con presenza di arbusti e fonti d’acqua. E’ presente anche sulla catena dell’Atlante, spingendosi sino a 1000-1200 metri di altitudine, nelle foreste aperte e nelle zone coltivate.
In Europa occidentale si rinviene in Portogallo, Spagna, Francia e in Italia, dove trova il limite orientale di distribuzione nella Liguria di Ponente, indicativamente nelle vicinanze del comune di Arenzano (GE).
In Portogallo e Spagna si potrebbe definire una specie ubiquitaria, essendo rinvenibile in qualsiasi habitat escluso l’estremo nord della penisola iberica e le quote superiori ai 1500 metri circa. L’habitat di elezione è composto comunque dalla macchia mediterranea, habitat presso il quale la specie è abbondante. Non mancano, comunque, popolazioni vitali anche in ambiente urbanizzato, pinete costiere, ambienti agricoli e boschivi.
In Francia l’areale è limitato alla zona costiera e ad alcune aree idonee del Sud ad ambiente xerico/mediterraneo. In questa parte dell’areale la specie comincia ad avere una distribuzione interrotta dalla presenza di insediamenti urbani, difficili da colonizzare, anche se i rinvenimenti più o meno occasionali nelle città non sono rari, specialmente in concomitanza con corsi d’acqua.
In Italia, Malpolon monspessulanus trova il limite dell’areale; nonostante la specie sia una delle più comunemente rinvenibili, risulta comunque distribuita discontinuamente a causa della forte urbanizzazione della costa e di barriere fisiche difficili da superare.

Nella Liguria di Ponente la specie è più facilmente incontrabile lungo i torrenti anche in piena città: questi costituiscono, infatti, importanti nicchie ecologiche ricche di cibo e acqua, indispensabili per la sopravvivenza dei grandi esemplari, che qui trovano una vasta gamma di prede. Sono documentate predazioni ai danni di uccelli migratori che sostano necessariamente nei corsi d’acqua e ai danni di ratti, presenti numerosi lungo i fiumi.
In questo habitat utilizzano spesso, come ripari dal caldo e per la sosta, rifiuti abbandonati, come lamiere, mobili e macerie, che sostituiscono perfettamente delle tane naturali. Durante il periodo invernale, lasciano i letti dei corsi d’acqua, ricercando, per l’inverno, rifugi sopraelevati come muretti e scarpate. Questo per evitare le frequenti piene improvvise dovute alle abbondanti piogge. Non è comunque raro trovare esemplari presso foci di fiumi, trasportati dalla corrente dopo forti temporali.
In Liguria questi micro habitat sono estremamente importanti perché costituiscono vere e proprie oasi di biodiversità, in un contesto sempre più urbanizzato quale la costa ligure. Qui questa specie risente comunque dell’inquinamento e dalle prede avvelenate, dell’impatto umano diretto rappresentato da uccisioni e investimenti accidentali, inevitabili quando i torrenti attraversano grandi centri urbani.
Altro habitat idoneo a Malpolon monspessulanus è la macchia mediterranea. In questo tipo di habitat la specie, se pur presente, risulta meno osservabile a causa della copertura vegetale e delle quasi sempre impraticabili condizioni dovute alla conformazione del territorio molto impervio. La specie, in questi territori, si rinviene dal livello del mare fino anche al limite della vegetazione arbustiva intorno ai 1000-1300 mt, con una maggiore presenza alle altitudini minori, dove il clima permette un periodo di attività molto lungo (indicativamente da marzo a novembre, ma con periodi utili anche nella stagione fredda, durante i giorni più caldi, quando la temperatura riesce a superare i 15 gradi, per alcune ore). Questo habitat subisce un’importante interruzione subito dopo il comune di Arenzano, dove viene sostituito da foreste temperate umide e questo cambiamento, insieme alla presenza di città densamente popolate e alla presenza, alle spalle, di massicci montuosi alti e non idonei alla specie, costituisce la più probabile causa del limite dell’areale orientale di Malpolon monspessulanus.

L’altro rappresentante del genere è Malpolon insignitus, che occupa tutta la fascia balcanica, dalla Croazia verso Sud, compresa Grecia, fino all’Egitto.
Le abitudini di questa specie sono molto simili a quelle di Malpolon monsppessulanus , con il quale condivide anche gli habitat di elezione, sfruttando anche l’ambiente di gariga e la distese rocciose tipiche di alcune coste balcaniche.
In natura è sempre più facile incontrare i maschi della specie, a causa della loro indole territoriale e per le dimensione spesso considerevoli, nonostante ciò risultano elusivi ed estremamente difficili da contattare, essendo straordinariamente vigili e veloci negli arbusti.
In tarda estate ed autunno non è difficile incontrare i neonati anche in situazioni insolite come scantinati e abitazioni; questo accade per via della dispersione istintiva alla quale vanno incontro i giovani appena usciti dall’uovo, che cercano nuovi territori.
Per i primi anni di vita occupano volentieri muretti, zone agricole e residenziali che presentano abbondanza di prede idonee maggiori rispetto agli habitat occupati dagli adulti.
Esperienze di allevamento
Malpolon monspessulanus e Malpolon insignitus possono essere, con le dovute attenzioni, mantenuti in terrario.
Essendo ofidi molto particolari e per certi versi unici come bio-etologia, richiedono uno stile di allevamento ricercato e non semplificato, mal si adattano ad allevamenti in vasche sterili e rack essendo molto attivi e di grandi dimensioni.
Parlando dell’alloggio, è necessaria una teca piuttosto capiente: per una coppia di adulti sarebbe meglio non scendere sotto i 100-120 cm di lunghezza, con una profondità di circa 50-80 cm, meglio se più grande e ovviamente provvista di diverse tane e arredi.
L’altezza è relativamente importante, basta che permetta il posizionamento di almeno una lampada per illuminare correttamente il terrario e, se si opterà per un riscaldamento dall’alto, di uno spot riscaldante opportunamente schermato con rete metallica, per evitare pericolose ustioni ai serpenti.
Molto utile anche la presenza di una lampada Uvb.
Il terrario deve essere molto luminoso per la maggior parte della superficie, i Malpolon sono infatti serpenti che utilizzano la vista per cacciare ed interagire e, in condizioni di scarsa luminosità, potrebbero risultare nervosi o apatici. Importante è fornire un fotoperiodo naturale che sarà del tutto simile a quello delle nostre latitudini.
L’arredamento occupa una parte importante nell’allevamento, questi serpenti si muovono spesso e sfruttano ogni oggetto che si metterà a dimora , ovviamente i grandi esemplari sposteranno spesso gli arredi più leggeri, bisogna quindi tenere conto di questo problema durante l’allestimento, scegliendo, di base, materiale pesante ma anche non pericoloso per l’animale in caso di cadute accidentali.
Come biotopo può essere ricreato l’habitat xerico con rami, lastre di materiali inerti, ciottoli e materiale vegetale secco a discrezione dell’allevatore, ricordandosi che più l’habitat sarà complesso e ricco di ripari più gli animali saranno a loro agio.
Una fonte d’acqua è indispensabile, anche se non deve essere per forza di grandi dimensioni. In natura a volte si immergono quindi, se il terrario è capiente, può essere interessante inserire un grosso contenitore, anche se per questa subfamiglia, generalmente, non è di primaria necessità. Soprattutto nel caso in cui i serpenti, entrandoci in continuazione, rendano umido il resto del substrato, cosa deleteria e pericolosa per l’insorgere di possibili muffe e infezioni.

Il punto basking svolge un ruolo importante in queste specie, dato che sono solite usare i punti di termoregolazione anche come punti di osservazione del territorio e presso i quali assumono la loro tipica posizione a “periscopio”. Questa zona del terrario deve essere quindi piuttosto ampia per permettere all’animale di alzarsi in osservazione e distendersi. La temperatura ideale si aggira tra i 29-32 gradi sotto lo spot o sopra il cavetto/tappetino e fra i 24-26 nel resto del terrario, con la presenza di almeno una tana umida e fresca.

Occorre, come per la luce, seguire anche per le temperature l’andamento climatico che troverebbero nel loro areale di provenienza, quindi va considerato un periodo di attività che duri indicativamente da marzo a novembre e un periodo di bruma, nel quale le temperature dovranno scendere a circa 12-15 gradi, almeno per un paio di mesi.
È possibile, con le dovute accortezze, allevare in coppia queste specie, evitando di inserire maschi adulti con femmine eccessivamente piccole: pur essendo animali che anche in natura condividono il territorio e i ripari (sono stati anche osservati maschi cacciare prede per destinarle poi alle femmine video) non sono impossibili casi di cannibalismo se le dimensioni risultano troppo differenti.
In un terrario arredato di 120×70 è possibile allevare una coppia adulta di Malpolon sp. Facendo attenzione soltanto durante i pasti, affinchè l’eccitazione, dovuta alla presenza del cibo, non provochi inutili morsi vicendevoli. Per scongiurare questo problema, si possono fornire due prede contemporaneamente, assicurandosi che entrambi i serpenti non puntino alla stessa.

Come cibo è possibile fornire a seconda della taglia topi, ratti, quaglie e pulcini, difatti in natura gli esemplari adulti non sono affatto selettivi sulla tipologia di preda. Essendo serpenti dal metabolismo veloce e dalla capacità mandibolare limitata è meglio fornire prede di dimensioni contenute, offerte con una frequenza maggiore, piuttosto che grandi prede difficili da ingerire, che potrebbero essere rifiutate o rigurgitate. Indicativamente si consiglia, per un esemplare di 120-130 cm, un ratto medio o due topi ogni 10 giorni (questo criterio è variabile a seconda della dimensione e del periodo dell’anno).
In primavera, se si possiede una coppia affiatata e matura sessualmente, è possibile tentare la riproduzione: per far ciò gli esemplari devono aver eseguito una bruma di un paio di mesi alla temperatura ottimale, meglio se con fotoperiodo naturale. Indicativamente nel mese di marzo andranno riportate le temperature ottimali aumentando di 2 o 3 gradi a settimana fino a raggiungere, per aprile, le temperature e il fotoperiodo primaverile-estivo.
Dopo alcune settimane dal risveglio e con un’alimentazione abbondante la femmina entrerà nella muta preriproduttiva. Il maschio aspetterà la completa muta per iniziare a corteggiare la femmina; l’accoppiamento vero e proprio è molto difficile da osservare in quanto, se pur di grandi dimensioni, i Malpolon si accoppiano al riparo e per breve tempo. Possono avvenire diversi accoppiamenti nell’arco di alcuni giorni.
Dopo circa 40-60 giorni la femmina cercherà una tana umida per deporre le uova: per favorire ciò è importante fornire una tana contenente torba, muschio o fibra di cocco umida e con un foro di entrata ristretto ad una parte di coperchio, sufficiente al solo passaggio del serpente. In questa tana la femmina passerà molto tempo, deponendo infine 2-10 uova.
Per l’incubazione delle uova si possono seguire le procedure adottate per la maggior parte dei colubridi comunemente allevati. Le uova, ad una temperatura di 27-28 gradi, schiuderanno dopo 50-70 giorni e ne usciranno dei piccoli lunghi circa 18-22 cm, con dimensioni variabili da individuo a individuo. Alla nascita i piccoli sono già sessabili, presentando un dimorfismo sessuale apprezzabile da un occhio attento: indicativamente i maschi presenteranno un disegno più tenue e le femmine un pattern di testa e gola molto più contrastato. I piccoli andranno alloggiati separatamente con gli stessi parametri utilizzati per gli adulti e nutriti con topi di pochi giorni, almeno una volta a settimana. In natura i neonati sono soliti nutrirsi in gran parte con piccoli sauri, quindi si renderà spesso necessario “insaporire” i topi, strofinandoli con sauri o serpenti o anche con le loro mute. Questo procedimento non è sempre necessario e nel giro di qualche pasto anche i più restii inizieranno a mangiare topi autonomamente.
Il genere Psammophis
Questo genus annnovera al suo interno, al momento, ben 34 specie: fatta eccezione per cinque di loro (Psammophis condanarus, P. indochinensis, P. leithii, P. lineolatus, P. longifrons), che popolano Medio Oriente/Sudest asiatico e per P. schokari, diffuso sia in Africa sia in Medio-Oriente, tutte hanno un range distributivo esclusivamente africano (1)(11). La presenza di alcune di queste in luoghi poco frequentati, difficilmente raggiungibili e/o presso i quali l’osservazione e lo studio di questi animali si rende molto arduo, nonché l’estrema variabilità fenotipica degli esemplari e l’ibridazione documentata in alcune specie, rende decisamente complessa l’attribuzione di un determinato esemplare ad una specie piuttosto che ad un’altra e in generale fa della classificazione tassonomica di questo taxon terreno fertile per continue riclassificazioni, in un quadro, ad oggi, tutt’altro che ben delineato.

Analisi genetiche hanno evidenziato l’esistenza di due/tre cladi distinti: il primo, filogeneticamente primario, è rappresentato dallo schokari-complex, il secondo dal sibilans-complex (77). Stando però a Kelly et al., 2008 (5), il sibilans-complex non sarebbe monofiletico, ragion per cui, nello studio, viene splittato in due cladi, provvisoriamente denominati phillippsii-complex e subtaeniatus-complex.
Altri autori (Brandstätter, F., 1996) aggiungono un ulteriore clade, suddividendo però le specie su base morfologigica (differenza delle squame).
In particolare, causano problemi di identificazione certa le specie P. phillipsii e P. mossambicus.
Il dimorfismo sessuale, in questo genere, non è evidente come in Malpolon sp., tuttavia, in alcune specie, si hanno maschi più grandi delle femmine.

Il genere Rhagheris
Si tratta di un genus monospecifico, che comprende la sola specie R. moilensis, in precedenza classificato diversamente(78): significativo per chiarirne la posizione filogenetica è uno studio del 2008 (5) che, analizzando il DNA mitocondriale di vari Psammophiinae, descrive R. moilensis come taxon parafiletico del genere Malpolon, genere al quale era in precedenza stato ascritto, sottolineandone, invece, la vicinanza con il genus Rhamphiophis.
E’ rinvenibile sia in Africa che in Medio Oriente(1)(15). Il suo nome comune, falso cobra, fa riferimento al tipico display difensivo dell’ofide che, se minacciato, è in grado di espandere e gonfiare la zona sottostante la testa, andando a formare un cappuccio. La specie è di medie dimensioni (lunghezza massima registrata in adulti di 1,5 m).

Il genere Hemirhagerrhis
Genus che annovera quattro specie: H. hildebrandtii, H. kelleri, H. nototaenia e H. viperina. Le prime due specie sono distribuite nella parte centro-orientale del continente africano (come confine Nord, H. hildebrandtii si spinge in Sudan); H. nototaenia popola un’area compresa tra il Kenya e il Botswana mentre H. viperina è presente sul versante Sudoccidentale dell’Africa, in Namibia e Botswana e Sudafrica (1)(15). Le dimensioni di questi serpenti sono ridotte, con adulti che misurano all’incirca 25-30 cm.

Il genere Dipsina
Genere monospecifico consistente nella sola specie Dipsina multimaculata, diffusa in Sudafrica, Namibia e Botswana. Citando ancora il Kelly et al. 2008 (5), il genere è un sister clade di Psammophis sp. Allo stato attuale, si tratta dell’unica specie presso la quale non è stato descritto self-rubbing, motivo per il quale ne si discute l’appartenenza agli stessi Psammophiinae (11).
Hanno dimensioni ridotte, con adulti che possono raggiungere i 40 cm.

Il genere Psammophylax
Genus che annovera al suo interno sei specie: Psammophylax acutus, P. multisquamis, P. rhombeatus, P. togoensis, P. tritaeniatus, P. variabilis. P acutus si rinviene in Angola, Congo, Zaire, parte della Tanzania occidentale, Burundi, Zambia, Uganda occidentale, Cameroon, Nigeria, Ghana e Costa d’Avorio; P. multisquamis in Etiopia, Kenya, Tanzania settentrionale e Rwanda settentrionale; P. rhombeatus in Namibia meridionale, Sudafrica, Swaziland e Angola sudoccidentale; P. togoensis in Cameroon, Togo, Uganda, Costa d’Avorio e Ghana; P. tritaeniatus in Namibia nordorientale, Botswana settentrionale, Zimbabwe, Sudafrica nordorientale, Angola, Tanzania meridionale, Zambia, Malawi, Zaire, Zambia e Mozambico; P. variabilis in Botswana settentrionale, Zaire, Tanzania, Burundi, Rwanda, Uganda, Kenya, Etiopia, Malawi, Zambia, Mozambico e Namibia e infine P. acutus in Angola, Zaire, Congo, Tanzania occidentale, Burundi, Zambia, Uganda occidentale, Cameroon, Nigeria, Ghana e Costa d’Avorio (1)(15). Le dimensioni medie variano a seconda delle specie ma si aggirano tendenzialmente intorno agli 80 cm di lunghezza. Tuttavia vi sono record di P. rhombeatus (15)(80)(81) misuranti 140 cm. Il genus predilige nutrirsi di sauri e lucertole (e, in misura minore, di anuri) ma non disdegna anche mammiferi, in particolare roditori. Fa eccezione P. tritaeniatus, la cui alimentazione, invece, è prettamente a base di roditori, con occasionale nutrizione di avifauna

Il genere Mimophis
Unico rappresentante degli Psammophiinae in Madagascar, dove il genus è molto comune e popola varie tipologie di habitat, dalle foreste decidue alle zone antropizzate. Dall’ecologia terrestre è legato ad ambienti secchi, presso i quali, generalmente, non si rinvengono altre specie di ofidi malgasci. Il record dimensionale per individui adulti è di circa 44 cm. Si nutre prettamente di lucertole, serpenti e anuri. Si rinvengono tre varianti fenotipiche. Questo genere constava, fino al 2017, di una sola specie, Mimophis mahfalensis. Uno studio (79) condotto mediante analisi genetiche ha però condotto allo splittamento del taxon: nell’ambito dell’areale di Mimophis sp, le popolazioni centro-meridionali vengono ascritte a M. mahfalensis mentre quelle settentrionali ad una nuova specie, M. occultus.

Il genere Rhampiophis
Questo genere è formato da tre specie: Rhampiophis oxyrhynchus, R. rostratus e R. rubropunctatus. Si tratta di ofidi che raggiungono una lunghezza complessiva che si aggira intorno al metro; una delle prerogative più evidenti della loro morfologia è costituita dalla forma tronca della squama rostrale, utile ai fini dell’attività fossoriale. R. oxyrhynchus è diffuso in Botswana settentrionale, Zimbabwe settentrionale, Mozambico, Tanzania, Uganda, Kenya e Sudan; R. rostratus si rinviene in Sudafrica, Namibia, Sudan meridionale, Etiopia, Mozambico, Somalia, Kenya, Uganda, Tanzania, Malawi, Zaire sudorientale, Zimbabwe, Zambia; R. rubropuncatus popola Sudan meridionale, Etiopia, Somalia, Kenya orientale, Uganda e Tanzania settentrionale (1)(15).Due studi effettuati sul veleno di R. oxyrhynchus hanno rilevato un alto contenuto proteico (48)(53), nella sua composizione (con una quasi assenza di saliva). Interessane notare la presenza, dell’enzima PLA2 (Fosfolifasi A2), riscontrabile anche nel veleno di molti Elapidi e che presso essi causa effetti neurotossici ed emorragici. Tuttavia, in questo Psammophiinae, l’attività dell’enzima pare inibita, secondo meccanismi non del tutto compresi. Come accennato nel paragrafo inerente al veleno degli Psammophiinae, un’ulteriore componente del veleno di questa specie è la rufotossina, una proteina che interferisce con i recettori postsinaptici.

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