A cura di Giulia Raissa Agnolon
Vatsyayana, lo scrittore del Kamasutra, sosteneva ci fossero 8 modi di fare l’amore, ognuno dei quali moltiplicato per 8 posizioni, per un totale di 64 arti, che rappresentò dettagliatamente nell’antichissimo trattato sul piacere. Dicono siano gli indiani, dunque, i grandi conoscitori dell’arte di fare l’amore, ma non sono da meno gli anfibi, che vantano 7 diversi tipi amplesso e ben 39 modalità di deposizione, combinate nei più disparati modelli riproduttivi. Nonostante buona parte rispecchi fedelmente l’idea che abbiamo della rana nello stagno, tra le oltre 7000 specie di anfibi (di cui il 90% sono anuri), ritroviamo anche un gran numero di sorprendenti eccezioni.
Ma passiamo ai dettagli piccanti.
Innanzitutto, i preliminari sono importanti. I maschi di rane e rospi si impegnano moltissimo nella fase del corteggiamento, alcuni si esibiscono in serenate, vocalizzando senza sosta per attirare il maggior numero possibile di donzelle al sito di riproduzione. Vi verranno di sicuro in mentre le raganelle (Hyla sp.) che danno quel tocco di magia alle sere d’estate.
Mentre per alcuni, come il rospo comune (Bufo bufo) vale il detto “chi prima arriva meglio alloggia”, ma se arriva qualcun altro si accoda in una disordinata orgia; per altri, come nella rana toro africana (Pyxicephalus adspersus), l’atteggiamento è quello di: “c’è posto soltanto per uno di noi” e i maschi si fronteggiano in combattimenti cruenti per stabilire la dominanza sul territorio.

Per quanto riguarda le posizioni durante il sesso, gli anfibi sono piuttosto fantasiosi. L’amplesso, ovvero il modo in cui il maschio cinge a sé la femmina al fine di stimolare l’uscita delle uova e la conseguente fecondazione, può essere di vario tipo. Nelle specie più tradizionaliste abbiamo l’amplesso inguinale (A) oppure ascellare (B); per gli amanti del “famolo strano” c’è l’amplesso cefalico (C), quello “in groppa” (D), il cosiddetto “incollato” (E), quello per apposizione cloacale (F), ed infine il più delicato, l’amplesso dorsale (G) che avviene senza troppo contatto fisico.

Ad ogni modo, qualunque sia la posizione scelta dalla coppia, la fecondazione è esterna: solo una volta deposte le uova possono venire fecondate dal maschio. In poche parole, le rane non fanno sesso per davvero. La fecondazione interna non è di norma presente negli anuri, poiché richiede strutture morfologiche idonee alla penetrazione e al trasferimento dello sperma: avete mai visto una rana con il pene?
Eppure, tra quelle 7000 specie, possiamo trovare un paio di eccezioni anche per questo. I maschi di Ascaphus truei hanno una cloaca modificata in un organo “intromettente”, mentre il tenero rospetto Mertensophryne micranotis dicono sia dotato di un apparato protrudente e spinoso.
Ma le stranezze riproduttive degli anuri non finiscono qui, bensì, siamo solo all’inizio.
La parola anfibio, dal greco amphi-bios che significa doppia vita, sta ad intendere l’indissolubile legame sia con l’ambiente acquatico che con quello terrestre. Sebbene molte specie di anfibi possano vivere ben lontano dagli stagni – sugli alberi delle foreste pluviali a 10 metri di altezza, piuttosto che sotterrati dalla sabbia nel deserto di Sonora – tutti sembrano comunque essere limitati alla presenza di acqua per la procreazione. Il problema principale sono le loro uova gelatinose, prive di guscio, permeabili e delicatamente esposte alle condizioni esterne, che richiedono necessariamente la presenza di acqua per potersi schiudere e dare alla luce larve natanti e dotate di branchie, per gli amici: i girini.

Il modello di riproduzione ancestrale per gli anfibi prevede, dunque, la deposizione delle uova in acqua, ma, rullo di tamburi, non è l’unico.
Come per le posizioni, anche le forme di deposizione delle uova sono le più disparate. In base alla specie, possono venire deposte sotto forma di masse compatte, più o meno grandi e adese a vegetazione acquatica, in zattere galleggianti, in lunghi cordoni, inglobate in strutturati nidi di schiuma, oppure disperse in maniera totalmente disordinata. Tra le più creative abbiamo la rana che fa le uova a ciambella: Leptobrachium boringii vive in acque movimentate e depone sotto alle rocce sommerse per non far portare via la sua futura prole dalla corrente. L’accoppiamento in tali condizioni non dev’essere semplice. Il maschio strige la femmina a sé in un amplesso asimmetrico e roteante per spingere le uova verso la roccia, creando in conseguenza l’effetto “donut”.

Molte sono le specie di anuri che si dissociano dallo stereotipo di rana che gracida nello stagno, in particolare quelle arboricole tropicali, come Trachycephalus resinifictix, dove il maschio sceglie come sito di riproduzione una raccolta d’acqua formatasi nell’incavo di un albero, si apposta e comincia a cantare per attirare una compagna con cui accoppiarsi. I girini che nasceranno, però, difficilmente troveranno cibo in quella effimera pozza di acqua piovana. Ma papà ha pensato a tutto: torna a cantare e richiama altre femmine che deporranno le uova nella stessa pozza, e che lui non feconderà, ma lascerà che diventino cibo per i suoi piccoli girini carnivori.
Casi come questi fanno emergere l’inaspettata presenza di cure parentali negli anfibi. Un caso similare di papà premuroso è quello di Hyalinobatrachium valerioi le cui uova, che sono state adese dalla madre alle foglie di alberi accuratamente scelti per la loro posizione sopra a specchi d’acqua, vengono sorvegliate dal maschio, pronto a difendere la sua prole a suon di Kung fu, sferrando calci ben serrati agli eventuali predatori. Nel caso le arti marziali non siano sufficienti a dissuadere il nemico, questa specie ha un’arma segreta: i girini possono anticipare la schiusa in situazione di emergenza e tuffarsi nell’acqua sottostante con la speranza di avere più fortuna.

Ci sono poi rane sfacciate che vogliono mettere in discussione la definizione stessa di anfibio e hanno evoluto strategie di riproduzione totalmente slegate dall’acqua.
Stupefacente è l’esistenza di specie a sviluppo diretto, che bypassano totalmente la fase della metamorfosi. Avete capito bene, in questi particolari anuri non esiste lo stadio del girino: depongono a terra grosse uova, al cui interno, dall’embrione si sviluppa direttamente la rana. È il caso di Eleutherodactylus cooki, rana troglofila di Porto Rico, o delle molteplici specie del genere Pristimantis sp., che depongono sulla lettiera di foglie della foresta tropicale dell’Honduras.
Ma il premio per la stravaganza lo vincono quelle specie in cui la deposizione e lo sviluppo delle uova non avvengono nell’ambiente, ma all’interno di uno dei genitori.
Nel complicato rituale di accoppiamento del rospo del Suriname (Pipa pipa), la coppia esegue numerose giravolte in modo da fissare le uova sul dorso della femmina. Nei giorni seguenti la formazione di uno strato di pelle ingloberà tutte le uova, allo scopo di proteggerle durante tutto lo sviluppo. A metamorfosi completa, dalla schiena della madre, usciranno giovani rospetti.

In Australia, terra dei marsupiali, persino le rane hanno il marsupio. I maschi di Assa darlingtoni possiedono una tasca inguinale in cui portano con sé i propri girini fino alla completa metamorfosi. Dalla schiusa delle uova, dopo 80 giorni, salteranno fuori dalla tasca ranette completamente formate.
La versione 3.0 delle cure parentali è di Rheobatrachus silus, specie unica nel suo genere, e ahimè, attualmente estinta, aveva forse il sistema di riproduzione più incredibile in assoluto. Le uova infatti, venivano ingoiate dalla femmina e completavano lo sviluppo all’interno dello stomaco. La secrezione di prostaglandina E2 da parte dalle larve inibiva la produzione di succhi gastrici bloccando il processo di digestione. Al termine della metamorfosi le piccole rane venivano al mondo letteralmente vomitate dalla madre. Una simile modalità la ritroviamo oggi nella rana di Darwin Rhinoderma darwinii, in cui però, seppure il maschio ingoi i suoi girini, vengono in realtà cresciuti all’interno della sacca vocale e non nello stomaco.
Questa che può sembrare una lunga sfilza di bizzarri esempi, è solo una piccola parte delle stranezze riproduttive degli anfibi. Animali ancora tutti da scoprire, in cui nuove ed assurde modalità di riproduzione vengono continuamente rivelate. Proprio di recente è stato scoperto il settimo tipo di amplesso, osservando in natura la specie Nyctibatrachus humayuni che, a proposito di Kamasutra, è endemica dell’India.
Fonti ed approfondimenti:
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Vitt L., Cadwell J. – “Herpetology. An Introductory Biology of Amphibians and Reptiles.” 2013 – Accademic Press
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Wells K.D., – “The Ecology and Behvior of Amphibians.” 2007 – The Uviversity of Chicago Press
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Hillman S. et al., – “Eological and Environmental Physiology of Amphibians.” 2009 – Oxford University Press
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